venerdì 13 gennaio 2012

CHI MANOVRAVA LE BRIGATE ROSSE?

Chi manovrava le Brigate Rosse? è un libro interessantissmo, scritto molto bene dal giudice Rosario Priore e dal giornalista e saggista Silvano De Prospo. (edizioni Ponte alle grazie, euro 14,60)
Lo possiamo annoverare tra le opere che aiutano seriamente a ricostruire la storia degli anni di piombo, insieme con Intrigo internazionale, dello stesso Priore e di Giovanni Fasanella (ed. Chiare lettere), con Il misterioso intermediario di Giovanni Fasanella e di Giuseppe Rocca (ed. Einaudi), con Che cosa sono le BR, di Alberto Franceschini, loro fondatore (ed. BUR), con La peggio gioventù del capo brigatista Valerio Morucci (ed. Rizzoli), con Strage all'italiana di Valerio Cutonilli e Luca Valentinotti, autori anche del più dettagliato Acca Larentia, quello che non è mai stato detto (entrambi ed. Trecento), con Dominio incontrollato di Filippo Ghira (ed. Fuoco) e con il nostro Quel domani che ci appartenne (ed. Barbarossa).
L'inchiesta si snoda dagli albori della lotta armata fino al suo tramonto e mette in luce tutte le manipolazioni e tutti gli intrecci nazionali e internazionali che fecero da sfondo alla costituzione delle Brigate Rosse fino alla loro etero-direzione, un'etero-direzione che ancor oggi non si sa quanto sia stata parziale né quanto univoca.
La chiave di leettura è che l'etero-direzione avvenne da Parigi, con copertura francese ad opera del pioniere della lotta armata, Corrado Simioni, considerato il vero capo delle BR e dello stesso Mario Moretti. E la Francia avrebbe utilizzato le BR in chiave anti-italiana.
Il documento è imperdibile anche perché non si limita ad una lettura più o meno paranoica delle meccaniche dietrologiche ma cerca di cogliere anche la psicologia e il clima, il che non è sempre scontato da parte di autori di libri-inchiesta.
Tuttavia a parer mio ci sono tre limiti che ne inficiano almeno parzialmente le conclusioni.

Interpretazioni da verificare
Il primo limite è che se si rimarcano le manipolazioni francesi e quelle del blocco sovietico, che furono inequivocabili, quelle israeliane invece si colgono soltanto di rimbalzo essendo stati taciuti molti particolari pure ampiamente emersi nelle memorie di Franceschini e nelle inchieste di Fasanella, al punto che non si cita neppure il rapporto con il Mossad di Duccio Berio, il vice di Simioni, il capo del Superclan che gestiva Hypérion e che nel libro appare come il vero capo delle BR. Stesso dicasi per il ruolo inglese che appare solo tra le righe.
E quelo degli apparati italiani viene in fondo sottovalutato perché non c'è menzione della sostituzione ingiustificata del Questore di Roma proprio alla vigilia del sequestro-Moro né si dà importanza eccessiva alla copertura offerta alla filiale romana di Hypérion attiva durante il sequestro e chiusa dopo l'esecuzione del prigioniero democristiano.
Questo comporta una lettura un po' troppo selettiva che in parte fuorvia.
Il secondo limite sta nella confusione storica.
La copertura istituzionale francese a quell'accademia del terrore viene letta alla luce della Dottrina Mitterrand e si dà per scontato che questa sia la continuazione naturale di quanto costituito dai suoi predecessori.
Viceversa, e qui risiede a mio avviso il principale errore interpretativo del libro, Hypérion fu creatura dall'amministrazione Giscard d'Estaing. Tra Giscard e Mitterrand ci fu molta meno continuità che non discontinuità, specie nei rapporti con il mondo arabo.
Ai tempi del rapimento Moro e delle stragi (Bologna, Monaco, Parigi) l'Eliseo è molto meglio disposto – sostanzialmente non formalmente – verso Israele che non dopo la svolta socialista.
La stessa politica della scuola parigina, crocevia delle lotte armate, varia tra prima e dopo l'avvento di Mitterrand. Lo si evince nei rapporti internazionali in particolare in quelli con i palestinesi (tutti tenuti ai tempi giscardiani in chiave anti Arafat e quindi a favore della strategia della tensione alimentata da Tel Aviv).
Con Mitterrand ciò cambierà; l'Eliseo difatti non solo incoraggerà la frattura tra le organizzazioni militari ma, cavalcando il partito-guerriglia di Senzani e la sua divisione da quello militarista di Savasta, imprimerà all'etero-direzione di quanto resta dellr BR una svolta filo-araba e una rottura con i sovietici. Il che corrisponde perfettamente con il pensiero e l'opera di Mitterrand e del suo speciale gladiatore De Grossouvre, ma non con il suo predecessore, l'ultra.atlantista Desmaranches che non a caso fu uno dei principali depistatori della strage di Bologna.
Non ritengo che sia corretto leggere l'operato di Mitterrand come la continuità dell'istituto giscardiano bensì come il suo smantellamento. E non è una considerazione da poco perché se è vera allora vuol dire che cambia tutto il teorema.
E se cambia tutto il teorema allora c'è di che allarmarsi anche oggi.

Trilateral e la logica arlecchina
Infine mancano sia una domanda che una risposta decisive. Com'è possibile che abbiano convissuto così a lungo, tranquilli e beati nel suolo della capitale francese, non soltanto movimenti di guerriglia internazionale così diversi ma servizi occidentali e orientali in perfetta armonia tra loro?
La ragione probabilmente è semplice: c'era una struttura gerarchica particolare, di stampo “mondialista” in grado di mettere tutti d'accordo se necessario.
E infatti l'amministrazione Giscard faceva capo dichiaratamente alla neonata Commissione Trilateral, che dal 1972 si era impegnata alla ristrutturazione degli equilibri mondiali propugnando la saldatura tra capitalismo e comunismo.
Quella logica, mondialista, oligarchica e supernazionale, era alla base della strategia della tensione.
Ed era in grado di far convivere servizi rivali indirizzandoli senza che ci fossero reazioni significative.
Quella struttura fu la madre di tutte le infamie, di tutte le stragi e di tutte le manipolazioni; era l'arlecchino di tutte le componenti partigiane.
Oggi abbiamo l'impressione, speriamo fondata, che manchi l'apparato-spectre che opererebbe di nuovo nel sangue e nelle torbide manovre.
Ma non manca, anzi è tornata in auge, la Commissione supernazionale che all'epoca la cavalcò.
Speriamo che abbia mutato almeno in parte la sua filosofia.
Speriamolo soprattutto per l'Italia governata da Mario Monti che della Trilateral è l'attuale presidente europeo e da un governo di saldatura capitalista-comunista con forti influenze azioniste: che è insomma nuovamente governata, proprio come negli anni del terrore, da un arlecchino di tutte le partigianerie.
Speriamo bene.

Gabriele Adinolfi

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